Molte persone che intendono disfarsi del proprio oro, seguono l’andamento del metallo giallo pensando che sia corretto applicare il fixing giornaliero, al peso dei propri monili.
Si tratta, in realtà, di un grossolano errore perché una cosa, è la quotazione riferita all’oro puro a 24 carati, e ben altra, l’indice di riferimento che riguarda gli oggetti preziosi, a 18 carati.
Se, inconsapevolmente, il venditore esegue il calcolo tenendo conto del prezzo più alto nella scala dei valori, ne verrà fuori un importo sovrastimato del 25% che non corrisponde alla realtà.
Purtroppo questo equivoco si verifica molto spesso, perché non tutti distinguono “l’oro puro dall’oro usato”, generalmente impiegato per realizzare collane, bracciali, orecchini, spille e così via.
Molti consumatori ignorano che l’oro, per la sua estrema duttilità, non può essere lavorato allo stato nativo e, a seconda dei metalli con cui viene legato, cambia il suo valore e anche il suo aspetto.
Ad esempio, si parla di oro rosa quando un gioiello è costituito dal 75% di oro e dal rimanente 25% da una lega binaria, di argento e rame.
Più prezioso, invece, è l’oro giallo, nel quale la percentuale di argento è più alta ma che, a sua volta, ha un valore inferiore rispetto all’oro bianco: una lega ternaria formata da oro, nichel e argento oppure da oro, nichel e palladio, il “mix più prezioso in assoluto”.
Per stabilire il giusto valore di un oggetto prezioso, si consiglia prima di verificare il peso e la caratura, e poi di moltiplicare il prezzo al grammo, secondo il titolo corrispondente.
Nel dubbio, è possibile consultare uno dei tanti siti web specializzati, oppure chiedere una “stima gratuita” presso un Compro oro di fiducia.
Stabilito che il prezzo dell’oro viene diramato ogni giorno dalla LBMA, London Buillon Market Association, molti utenti si chiedono quali sono i fattori che ne determinano le continue oscillazioni, sopratutto se devono effettuare operazioni di compravendita di oro usato o da investimento.
Dipendente direttamente dalla Borsa di Londra, il prezzo dei metalli preziosi (non solo quello dell’oro), può essere condizionato da avvenimenti sociali, economici e politici, di portata mondiale.
Primo fra tutti, il rapporto tra domanda ed offerta che da sempre risulta essere determinante, non solo per capire il trend del momento, ma anche in prospettiva per il futuro.
Stando all’ultimo rapporto del Wgc, World Gold Council, negli ultimi 10 anni le performance dell’oro sono aumentate di oltre il 300%, passando dai circa 340 dollari all’oncia del 2003, agli attuali 1.280 dollari.
E’ sufficiente questo dato a spiegare perché, negli ultimi anni, un numero crescente di investitori hanno acquistato lingotti e monete e hanno ripreso a “scommettere” su EFT, Gold Warrants, Gold Swaps e Futures, facendo, così, lievitare il prezzo dell’oro.
Molto interessante anche la distribuzione della richiesta del metallo nobile che, per il 35% viene assorbito dal comparto orafo, un altro 35% dai mercati finanziari (sotto forma di investimenti), e il rimanente 30% equamente distribuito tra Banche centrali e industria, con il settore “information technology” a farla da padrone.
Per quanto riguarda la disponibilità di oro, superata la bolla dell’ hedging che le società minerarie avevano strategicamente concordato per far lievitare il prezzo a proprio vantaggio, oggi l’offerta resta stabile, anche se i costi di estrazione sono sempre più alti.
Un altro fenomeno che può incidere fortemente, sono i quantitativi di gold che le Banche centrali cercano di accaparrarsi, talvolta anche in maniera smodata.
Sopratutto in un periodo di crisi, infatti, accade spesso che alcuni Istituti molto potenti, cercano di aumentare, a dismisura, le riserve di oro della propria nazione.
Tutto questo si verifica perché le banche temono il deprezzamento della valuta in circolazione e cercano, così, di mettersi al riparo da eventuali problemi di liquidità, oppure – come ci insegna la storia recente – questa frenetica corsa, subisce la spinta dei Paesi emergenti (India e Cina) che desiderano fortemente portarsi allo stesso livello degli Stati più sviluppati.
In entrambi i casi, la conseguenza è la stessa: si produce “un effetto leva” e il valore dell’oro aumenta in maniera esponenziale.
Una variante molto frequente in questi ultimi anni, è il calo del dollaro americano dovuto alla congiuntura economica sfavorevole che ha coinvolto anche le industrie d’Oltreoceano.
Intanto, le recenti previsioni di crescita della Merrill Lynch, unite all’annunciato aumento dei tassi d’interesse della Federal Reserve, potrebbero essere la causa di un momentaneo “rimbalzo” del prezzo dell’oro.
In contrapposizione a queste dichiarazioni, si assiste ad un progressivo aumento del greggio, che, al New York Mercantile Exchange, oggi viene pagato circa 120 dollari al barile.
Sebbene in maniera indiretta, anche l’aumento delle materie prime condizionano l’andamento dell’oro, infatti, quando il prezzo del petrolio tende a salire, l’euro si rafforza sul dollaro e, conseguentemente, il metallo giallo rincara.
Un ultimo fattore da considerare è l’instabilità geo-politica di alcuni paesi, che trascina con sè nervosismo e preoccupazione sui principali mercati internazionali.
Basti pensare alle recenti tensioni in Medio Oriente (Siria, Egitto e Bahrein) oppure ai sanguinosi scontri avvenuti in Crimea che si sono ripercossi negativamente sulle Borse di tutto il mondo.
Come sottolineato da Adrian E.Ash, autorevole analista e Capo-ricerca della Buillon Vault, questi fattori non sono mai eccessivamente affidabili se considerati uno ad uno; è invece, “l’interconnessione che essi sono capaci di generare”, a rendere così fluttuante il gold fixing.
In queste poche e semplici parole, forse è racchiuso tutto il segreto per capire al meglio cosa condiziona veramente il prezzo di questo metallo, così amato e così prezioso.